venerdì 21 febbraio 2014

Are you gonna hit me?

Whitmon, Thyatira, 2498

Era stato Nik a cominciare per primo.
Era stato lui assieme agli altri amichetti che si portava sempre dietro - la sottile e ingenua cattiveria che non ha età -, vent'anni in tre ma bastavano per dieci.
Era stato lui, aveva ripetuto ad una madre esasperata quando per l'ennesima volta era tornata a casa piena di lividi, con i capelli arruffati e intrecciati di rametti e foglie, con le nocche escoriate.
Non capisci mamà, non capisci che sono loro, non capisci che è colpa tua.
Era stata Liz ad innamorarsi di qualcuno, quando c'era già un marito dentro il suo letto; era stata lei a non badare alle conseguenze e metterla al mondo, senza che lei avesse voluto nascere.
Per far cosa, poi? Prendere insulti in un paesino - più piccoli i vicoli più la gente mormora - che non sa guardare al di là del proprio naso ed etichetta i bastardi con un cognome fasullo.

Fox.
Cosa sei, Fox?
Chi ti vuole, Fox?

La canzoncina che cantavano in coro Nik e gli altri bambini aveva cominciato a darle sui nervi più del solito, un pomeriggio assolato dei suoi sette anni, quando stava raccogliendo conchiglie sulla spiaggia di Thyatira.
Da lì ad arrivare alla zuffa, selvatica e intrattabile come sempre, il passo era stato molto breve.
Aveva spaccato il naso a Elija, facendolo scoppiare in lacrime; si era guardata le nocche della manina insanguinata e non aveva capito più nulla, spaventata almeno quanto lui. Era corsa via - sabbia sotto i piedi scalzi -, lasciando dietro di sé una scia di conchiglie - tesoro stipato nelle tasche di un vestitino estivo.
Si era rifugiata nella sua caletta privata, un tratto di spiaggia nascosto ai più e a chi non sa osservare, una lingua dorata che da una macchia di arbusti si tuffa nel mare cristallino di Whitmon.
Aveva pianto lontana dagli occhi di sua madre - Jordan Fox non piange -, aveva contato tutte le conchiglie che aveva già raccolto e nascosto, sotto un sasso ricoperto di alghe incrostate, tra le radici di un alberello marittimo - una due tre sette dieci trentacinque.
Il labbro rotto bruciava nell'aria salmastra, ma non le importava.
Un giorno, si diceva - mantra da recitare ad occhi chiusi esprimendo un desiderio -, sarebbe fuggita da lì, si sarebbe lasciata il cognome - bastarda - alle spalle e non avrebbe più fatto ritorno. Non sapeva che quel momento, solo ipotizzato da una bambina spaventata e arrabbiata, sarebbe accaduto prima di quanto avesse pensato.


Greenfield, El Paso - Dalhart, 2516

Jordan ha imparato a tirare pugni come si deve.
Ha imparato a rispondere alle provocazioni - a provocare - e a non rompersi le nocche ogni volta che impatta sulla mascella di qualcuno.
Ha imparato che a certe cose - "Foxey" - si risponde solo in un certo modo, ed è quello che fa più male all'altro che non a lei.
Marshall Lee, Ufficiale Medico dell'Esercito Indipendentista. Prima Guerra.
Le piastrine di Lee tintinnano nelle tasche, mentre lo trascina in un affittacamere a caso, aiutata da un tizio a caso, per non lasciarlo lì in strada a morire congelato dopo averlo steso.
Jordan ha imparato che prima stende chi ha davanti e poi fa domande; o, in questo caso, fa entrambe le cose e solo ad una ottiene un risultato soddisfacente.