lunedì 29 dicembre 2014

It's not a silly little moment.

New London, New London, 2516


L'essenziale ma smaccata ricchezza del salotto di Virginie Saintsimoncieli di cemento, prati di dollariè brulicante di invitati, educatamente ciarlieri - calici e bollicine dorate, tintinnii argentini quanto le risate della padrona di casa. Jordan Fox, eludendo la sorveglianza di Bastienne, è sgattaiolata via alla prima occasione utile, quando tra una costosissima tartina sintetica e l'altra hanno smesso di domandarle com'è vivere su uno Skyplex, come mai conosce Virginie, perché è arrivata in ritardo alla festa per gli auguri di Natale. Lei, che il Natale non sapeva nemmeno esistesse prima che le spiegassero la tradizione cristiana a cui fa riferimento, così rara nei Pianeti Centrali.
La moquette candida è soffice sotto le ginocchia, accovacciata come una bambina sul pavimento della stanza dei giochi di Sophie; il vestito che le hanno fatto indossare - una gonna non sua, un maglioncino non suo - è spiegazzato come se ci avesse dormito sopra. S'è levata le scarpe - anfibi, immancabili - non appena entrata nel regno della pupattola che le sta giocando di fronte, impilando cubi di colorata plastica trasparente. La mano di Jordan sta tracciando qualcosa su un foglio di carta - un blocco da disegno -, alterna occhiate smeraldine tra la bimba bionda e l'immagine che sta prendendo vita sul foglio, schizzo dopo schizzo, tratti nervosi e sicuri.

- Dove altro potevi essere, sweety?

Le consonanti di Virginie le carezzano le orecchie - la coscienza - e le curvano le labbra in un sorriso sornione, senza farle staccare gli occhi dalla sua bambina. Quanto l'è mancata.

- Gli amici di tuo marito mi guardano come fossi un animaletto da compagnia mal addestrato.

Una risata argentina, divertita.

- Ma lo sei, Jordan.
- Shut up, 'Ginie.

L'affetto con cui le dice di stare zitta - parole mormorate contro il cuscino, tempo fa, una vita fa - calca la grafite sul foglio, gonfiandole un respiro dolce dentro il petto.

- Tua figlia è sempre più bella.
- And so are you.

La padrona di quella casa ha sempre avuto il potere, silenzioso, di prenderla in contropiede ogni volta che apre bocca. Ribatte tenendo la palla in gioco, segnando un silenzioso punto nel personalissimo conteggio di Jordan di chi è stato capace di farla, in qualche modo, innamorare. La sbircia da sopra la spalla - arruffate ciocche bionde -, inchiodandola allo stipite dove è poggiata, braccia incrociate. Sembra anche lei una bambina, esattamente come se la ricorda.

- Stop it.
- Or what?
- Virginie ..
- What?
- You know.

Taglia corto, secca come un ramoscello che si spezza. Brusca, arruffa il pelo, tornando a grattare la punta della matita sul foglio, prima che succeda - che voglia far succedere - ciò che aveva promesso non sarebbe più accaduto. Sophie ha intercettato la sagoma di sua madre, sulla porta, e le sta mostrando orgogliosa la costruzione di cubi che sta prendendo forma sotto le sue manine. E' Hall Point, secondo lei, dove lavora JayVirginie sospira, con pazienza.

- Non insegnare alla tua figlioccia a costruire quel luogo infernale.
- Quel luogo infernale mi dà da vivere, honey.
- Avrei potuto comprarti io, ma no ..
Sospira.
- Don't start that again ..
- .. Hai preferito buttarti via da un padrone all'altro e finire quasi ..

Le parole si imbrigliano tra le labbra di 'Ginie e la punta si spezza sul foglio, un boccolo arricciato sulla spalla di Sophie è bucato, sulla carta sottile. La rabbia di Jordan, difficilmente controllabile, sta gorgogliando cupa come il cielo prima del temporale. Sorda, ovattata. Non commenta, ingoia il silenzio guardingo dell'altra bionda senza fissarla, sentendo il suo sguardo chiaro addosso, sulla schiena. Riprende a disegnare come nulla fosse, chiudendosi in un silenzio scontroso.

- Ti trattano bene?

Tace. Relegare in un limbo i suoi pensieri insieme a momenti folli di dubbi e insicurezze, quelli dove l'indistinta, sgradevole sensazione che per lei non ci fosse davvero posto da nessuna parte era stata relegata, dimenticata. Scordata - simile a uno strumento che aveva perso la capacità di scavarle a pugni un buco di malinconia nello stomaco, da quando Ebwar le aveva stretto un collare attorno al collo e l'aveva chiamata sua. Si erano avvicendati tanti padroni, dopo di lui, e l'ultima della lista - padrona, amica, amante - aveva cominciato a chiamarla nella sua cabina sempre più spesso.

- Aye.
- E tu tratti bene gli altri?

Il pensiero delle ossa della falange di Cath Meyer che si spezza sotto le sue dita - deliziosamente crudele - le serpeggia in fondo agli occhi verdi con un crack, affogato in un sorrisetto selvatico, tra le ciglia bistrate di nero che trascina sui ricami floreali del vestitino orientale di Sophia. Una piccola bambolina cinese - porcellana e fili dorati.

- Quando se lo meritano.

Sente solo troppo tardi la presenza di Virginie alle sue spalle - il tappeto fidato su cui nascondere il rumore dei passi. Il fruscio dei pantaloni eleganti in cui è avvolta è seta, velluto alle sue orecchie, mentre si accovaccia di fianco a lei, 'sì da poterla osservare più da vicino. Le si offre, docile, e le permette di frugarle dentro senza problemi, come ha sempre fatto. Non ha bisogno di specificare che è più la terra bruciata che si lascia attorno, piuttosto che la comprensione. Sono le dita affusolate della Saintsimon, quando si poggiano sul suo braccio, a farla sussultare; vorrebbe non ci fosse lana, tra i suoi polpastrelli e la sua pelle.

- Be good.

Mormora, pacata. Nemmeno se l'avesse urlato - ordinato, imposto - avrebbe ottenuto un'annuire così sincero, viscerale, da parte della schiava. Come sempre, la sirenetta ha un potere che molto spesso non si accorge neppure di possedere.

- Per il resto?

Un kaleidoscopio di volti luoghi persone fatti le rimbalza in testa, accecandola per un istante. Smarrisce gli occhi verdi sui cubi di Sophie, sovrappensiero. Sulla Lattina c'è gente che va e gente che viene, gente che parte e gente che non ritorna. Per il resto, ci sono Sharon e Daphne - una che resta - sempre e comunque-, l'altra che sparisce, ritorna, se ne va. Per il resto, c'è Siddartha Beaumont, la Bloom e le caramelle annegate nella vodka. Non sapeva cosa fosse stato più dolce, se le sue mani sulla schiena, tra le ciocche bionde, sulle cosce - dappertutto - o la risata che le aveva gorgogliato sulla bocca. Strafatto, infatuato, ubriaco. Non faceva differenza. Per il resto, c'è Elian Chernenko, a cui avrebbe voluto serrare le mani attorno al collo e stringere, stringere così forte da tatuarle sulla pelle candida della gola il suo nome. Ci ha letto la stessa richiesta, in fondo a quegli occhi chiari, la stessa, furiosa disperazione di chi solo autodistruggendosi può ancora sentire qualcosa. Per il resto, c'è Vivienne Carter che la crede la sua Princess Charming, che la comprende, che le fa venir voglia di regalare origami e fiducia. Ha guardato sotto la scorza dei suoi occhi di cristalli e ci ha visto la stessa vita spezzata; anche in quelli di suo fratello, Virgil, c'è la stessa, vischiosa oscurità che la risucchia senza appello, come una falena attratta dalla luce. Per il resto, c'è State Gallant - all'Ufficio Postale, un'occhiata eloquente -, c'è Cath Meyer - una mela spezzata,' ché l'amore fa questo secondo Jordan, ci spacca in due e ci fotte se colui o colei che s'è staccato se ne va, infine. Perché una delle verità di questo 'Verse, in fondo, è che se ne vanno tutti prima o poi.

- Eddie's gone.

E' l'unica cosa che si lascia sfuggire, dal flusso disordinato di pensieri. Virginie la sbircia, in un silenzio comprensivo, prima di poggiare il capo contro la sua spalla. Sospira. Sophie le osserva e sorride, non capendo fino in fondo, ma fiondandosi verso di loro in una risata divertita per abbraccio collettivo, affondando i boccoli biondi nel maglione grigio perla di Jordan, strofinando il nasino contro la lana con l'entusiasmo che solo i bambini riescono a conservare.

- Merry Christmas, Jay.
- Whatever, 'Ginie.