domenica 29 giugno 2014

Holding hands while the walls come tumbling down.

Richleaf, Maracay - Tartagal, 2507

Era una dura, si ripeteva sempre.
Era una da cui guardarsi, a cui stare attenti, che non si faceva problemi a prenderti a pugni se pensava l'avessi fissata in un modo che non le piaceva.
In realtà, aveva solo l'aria randagia di una creaturina affamata - come sei mesi lontana da casa possono consumare la carne e l'esistenza.
Lì, riflessa nella sporca vetrina di un bar, dimostrava più anni di quelli che indicava il suo idn chip nel polso destro e aveva gli occhi - verde bistrato di nero, gatta selvatica - di chi è pronta davvero a qualsiasi cosa pur di mangiare.

« Che cazzo fai, Jor? »

La voce musicale di Tulio - inglese masticato dal maraqueno, sporco e confuso - la fa sussultare. Allontana svelta i polpastrelli dal vetro rovinato; sotto il sole bollente della stella Polaris, le strade sono deserte e insolitamente tranquille - la sacra ora della siesta.
Le cicale gracchiano un gran fracasso tra le lamiere delle baracche, sapientemente mescolate a palazzi alti e raffinati, rari e sporadici - frutti rimasti di un albero che è stato spremuto di ogni linfa da insetti affamati.

« Niente. »

Si sente improvvisamente stupida, sotto gli occhi scuri di Tulio - torbidi e neri un burrone dietro le ciglia -, in quella constatazione colpevole della bimba colta con le mani nella marmellata, che urla tutti i suoi sedici anni - tutta la sua ingenuità.
Il ragazzo ride, piuttosto sguaiato, prima di afferrarla per un gomito e trascinarla via dalla vetrina, scuotendo rassegnato il capo.

« Ahi querida, non fare la cagna che mendica un osso. Ti ci porto io a mangiare. »

Jordan non sa ancora se fidarsi fino in fondo di lui - una diffidenza che comincia a nascere, crescere, piantar radici profonde -, conosciuto solo due mesi prima in una bettola come tante.
La sua prima volta, la sua prima sbornia.

« Stai con me e vedi che Maracay ti offrirà tutto quanto. »

Forse è la fame, forse una sciocca infatuazione - forse 'ché non ha nessun altro, su quel Pianeta sperduto nel 'Rim. Non ha ancora capito, dopo tutti questi anni, cosa effettivamente le fece serrare le dita affusolate attorno a quelle ruvide di Hidalgo, seguendolo ovunque lui volesse, facendo qualsiasi cosa comandasse.
Intercetta nuovamente il suo riflesso nella vetrina del locale - dentro, una vecchia partita di Pyramid su un holotelevisore traballante di interferenze.
Si accorge - uno sfarfallio allo stomaco - di non riuscire
a ricordare chi è per almeno quindici, assurdi secondi. Non ha paura; è semplicemente qualcun altro, una sconosciuta, e tutta la sua vita era una vita stregata, la vita di un fantasma - capelli rosa tinti nello Spazioporto di Sieg prima di prendere un Wyoming e non voltarsi più indietro.
Era a metà strada fra una stella e l'altra del 'Verse, al confine tra il Border della sua giovinezza e il 'Rim del suo futuro.
Sparendo con Tulio lungo uno dei tanti vicoletti di Tartagal, uno dei mocciosi della Regina del Voodoo la fissa nascosto tra due cassoni dietro quello stesso bar, frugando tra gli avanzi se c'è qualche briciola per lui.
Jordan prega, prega la Santissima Muerte di non dover mai guardare qualcuno con quegli occhi.



Richleaf, Maracay - Tartagal, 2516

Forse è in quello stesso bar di quasi dieci anni fa - non ricorda, ci è arrivata a tentoni - quando rovescia l'ennesimo shot di tequila sul legno lercio del bancone.
Il proprietario ha tenuto lo stesso holotelevisore traballante, ma le immagini piene di interferenze che trasmette sono di tutt'altro tipo.
Giunge come un tam tam impazzito la notizia di un'esplosione nel cuore della città, tardo pomeriggio circa verso le 18.30, ad essere stato colpito è il palazzo delle Terrazze verdi.
Tra il caos dei soccorsi, dei feriti, dei curiosi, l'immensa colonna di fumo sollevatasi dal punto del fragore è ancora visibile nel cielo di Capital City per almeno due ore dopo l'accaduto.
Chiunque nel raggio di km sembra aver potuto ascoltare il suono prodotto dallo scoppio, non ci sono fonti certe che si tratti di un attentato, ma dati i danni strutturali evidentissimi, si suppone non fosse un problema di progettazione. Le fiamme scaturite dalla probabile esplosione lambiscono da fondo il palazzo e si snoderanno verso i piani superiori per almeno tutta la serata, rendendo i tentativi di recuperare i numerosissimi visitatori, ancora più ardui.
L'esplosione dei commenti in maraqueno stretto - imprecazioni chiamate confusione - arriva lontana, distante, esattamente come il fruscio umido dello strofinaccio che asciuga il bancone sotto le sue dita, minacciandola nella stessa lingua che comunque quello lo deve pagare lo stesso.
Jordan non capisce - non lo ascolta: non riesce a staccare gli occhi verdi dallo schermo, ipnotizzata - terrorizzata.
Sente il vischioso rosso del sangue sulle sue mani - Semtex al Black Market di Safeport - e non può nemmeno prendersela con qualcuno - anonime istruzioni, fotografie che non la fanno dormire di notte.
Qualcuno l'ha fatta diventare un'assassina e non sa neanche per quale motivo; le hanno messo in mano una pistola e le hanno fatto premere il grilletto tenendole inchiodato il polso.
Wolf, Shaw, Virginie - pistole, promesse, vernici blu fosforescenti.
Non può chiamare nessuno di loro - nessuno nessuno nessuno - il suo cortex è irraggiungibile da settimane, da quando è sparita per seguire le minacce di qualcuno che la guida come se sapesse esattamente dove si trova in ogni momento.
Non può chiamare nessuno per accertarsi che non ci sia anche il loro, di sangue, sulle sue mani.
L'Angelo della Morte, puntuale, le fa vibrare il nuovo c-pad che l'è stato regalato e appuntato al cinturone.
Un'ora e altri tre shots dopo, sta per varcare la soglia della dimora della Regina del Voodoo, in cerca di ciò che il nuovo messaggio chiedeva.
La preoccupazione per aver di nuovo fatto saltare in aria un edificio - la Centrale Elettrica di Timisoara, tanto tempo fa - l'ha seppellita da qualche parte, dove non può nuocerle.
Non adesso.

In quella vetrina, fuori dal bar, è rimasta una Jordan ragazzina che la fissa malinconica mentre corre via, nei vicoletti, nella direzione opposta rispetto a quella di dieci anni prima.
Come se questo la portasse comunque da qualche parte.

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