martedì 7 aprile 2015

Slow dancing in a burning room.

Roanoke, Carcere di Takoma Springs, 2517


Il rancio sa di segatura e carta vetrata.
Ha lo stesso sapore del mastice che usava il vecchio di Whitmon, della casetta sul molo - aggrappata con tenacia alle assi da anni di salsedine e chiodi - per riparare le crepe della sua barca, della nafta che consumava Raphael per la sua imbarcazione, lo stesso dei baci di Tulio che impastavano la bocca quando la switch era troppa e le masticava il cervello, sciogliendo le articolazioni come burro.
Ogni boccone è un groppo in gola, un mattone di saliva, la stessa angoscia che le rivolta lo stomaco - o forse è solo il fegato, aperto dai perforanti di Russell. Ha i brividi, ma arde di febbre.
Nella jungla di Goldera, l'umidità si attacca alle ossa, si intrufola nei polmoni ad ogni respiro come una cappa di velluto bagnato. Il sudore si aggrappa alla carne come i sospiri di un amante - il sapore di Sid le gratta la lingua ad ogni morso, la sua espressione incredula quando ha abbattuto quella bestia. Ha sparato al cane con la stessa, cieca determinazione di colui che - ormai troppi anni fa - ha sfondato le budella a Tulio con un colpo di shotgun ben preciso, per cercargli dentro le viscere i soldi che gli doveva. Come quel cacciatore di St. Andrew, che ha centrato l'alce direttamente in mezzo agli occhi, dipingendo il candore della neve perenne con schizzi di rosso - porpora carminio scarlatto amaranto vinaccia. Come i capelli di Sharon, una pennellata di corallo sulla tela dei suoi ricordi, sul muro della cella - un mattone sbeccato, ruggine e argilla per inchiostro.
Ha disegnato una galassia di ricordi - di sogni di paure di persone - su quelle pareti, sporcandosi le dita e vomitando bile nel secchio di latta che l'è stato concesso. E' solo il fegato, si ripete; è solo il fegato, non l'essere lasciata sola con se stessa, in silenzio, con tutto ciò che ha fatto.
Jordan pensa e ripensa - attorciglia riflessioni come nastri colorati sotto la brezza.
Sogna i suoi vecchi padroni, uno per uno, amore dopo amore. Sogna un soffitto fatto d'acqua che non smette di gocciolarle addosso, un pavimento che non la pianta di rollare come la barca gialla dal bordo scheggiato e l'odore di pesce. Thomas - finalmente - ha smesso di nascondersi dietro un sorriso accennato, dietro il silenzio, dietro le malelingue degli amici a cui si accompagna. Le ha respirato addosso un'infatuazione adolescenziale - frettolosa impacciata ma dolcissima - sulla pelle, tra i capelli, sotto la gonna. Le ha respirato addosso tutta la lussuria che ha tenuto nascosta dietro le frecciatine di Elija, da quando ha capito che gli occhi rabbiosi di Foxie sapevano anche essere gentili. A volte.
Jordan non lo fa più, non chiede più permesso alla società - a se stessa - se vuole qualcosa; se lo vuole, quel qualcosa o quel qualcuno se lo prende, senza badare alle macerie che si lascia dietro, la sfrontata sfacciataggine di chi è cresciuto come un'erbaccia, contorta e mal voluta, e si è ritagliata il suo posto nel 'Verse in un angolo che le era precluso già di nascita.
Ha finito il verde - per Goldera, per tutti gli occhi in cui si è specchiata - quando ha consumato tutto il sasso bianco - non ha altri colori - che le ha lanciato la sua vicina di cella, una ranchera che hanno arrestato perché l'hanno trovata strafatta di blast, con le tasche gonfie delle bustine che lei stessa - non ricorda neanche quando - le ha venduto. Ha riconosciuto i suoi capelli biondi, forse, o magari il pessimo carattere con cui le ha ringhiato attraverso le sbarre di smettere di fissarla o le avrebbe spaccato il naso.
L'è rimasto solo il rosso - quello che lei utilizza come tale.
Sogna, disegna quella stessa cella in fiamme, e lei che ci balla esattamente in mezzo, stentati passi di danza, incespica nei suoi stessi scarabocchi.
Ha passato tutta la sua vita, fino a quel momento, a ballare - entusiasta e sconsiderata come una bambina - in una stanza che va a fuoco, senza preoccuparsi di uscirne, senza preoccuparsi di cosa sarebbe rimasto attorno a lei una volta che l'incendio avrebbe divorato tutto quanto. Compresa lei.
Ma la porta, per quanto la riguarda, è già crollata nel fuoco alla prima scintilla.
Sarebbe arsa, infine, e sarebbe stato sufficiente.





You try to hit me just to hurt me
So you leave me feeling dirty
Because you can't understand.

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