Ha sognato una sirenetta, intrappolata nelle profondità di un lago ghiacciato - nei sobborghi di Capital City. Batteva contro il ghiaccio trasparente con mani sottili - troppo fragili - urlando tante bollicine, una sinuosa coda blu scuro guizzante di scaglie nella cristallina acqua della vasca. Capelli biondi come un'aureola, fluttuanti attorno a lei, una collana di conchiglie bianche - tesori conservati di una lei bambina - a serrarle il collo.
Ha sognato una gatta dal manto nero e gli occhi verdi, appostata famelica ai piedi di una voliera piena di tanti uccellini colorati; faceva dondolare la coda avanti e indietro, indispettita dalle sbarre; un sorriso gelido, sornione, che non arriva nemmeno ai baffi - agli zigomi, labbra scarlatte.
Ha sognato un grosso cane da caccia, pelo ispido e sguardo fiero; la rincorreva nel sottobosco, abbaiando e ringhiando come un'intera muta. Lei si intrufolava in una tana spessa, profonda - un fruscio di foglie verdi e arbusti sotto i polpastrelli -, la coda fulva gonfia di paura. Il cuore un tamburo da Guerra - quella che non ha mai combattuto.
Ha sognato un coniglietto bianco, orecchie lunghe e coda soffice, che aveva così tanto coraggio da avvicinarsi a lei e non aver timore di essere mangiato - di ciò che ha fatto in passato. Le dispensava consigli - cioccolatini - e le permetteva di riposare all'ombra del suo albero preferito - nel suo studio alla Blue Sun -, fremendo contro il suo collare come se non capisse fino in fondo perché una come lei dovesse avere quello a rovinarle la pelliccia.
Ha sognato un cerbiatto dagli occhi azzurri - grandi e selvaggi -, placido nel folto di quella stessa foresta, che la guardava da lontano e non si faceva avvicinare, guizzando via da una lama sbucata da chissà dove in un secco suono di ramoscelli. Lasciava ciocche di pelliccia tra i rovi. Lei lo seguiva, senza mai raggiungerlo davvero - nei vicoli di Maracay.
Ha sognato un lupo dal pelo scuro, gli occhi grigi - diverse sfumature - e l'aria solenne; lei abbassava le piccole orecchie contro il capo, intimorita, prima di affondare piano il naso contro la sua pelliccia del collo; nettamente più grosso di lei, ne riceveva in cambio uno sbuffo pigro - quasi volesse insegnarle come ci si comporta. Non poteva far altro che trotterellargli dietro, incuriosita - grata.
Ha sognato una volpe - uno un po' come lei -, pelo fulvo e aria saccente. Le girava attorno e le regalava un fiore - un braccialetto -, prima di spingerla con delicatezza a seguirlo: su per la collina, oltre il ruscello, fino ad un campo di papaveri rossi. E per la prima volta in tutta la sua vita, ha pensato che non ci fosse nulla di male a rotolarsi lì in mezzo assieme a lui e dimenticarsi di tutto il resto - di tutto il 'Verse.
Ha sognato una pantera, occhi neri e denti aguzzi - un Bronwcoat sulle spalle. La fissava dal folto della foresta, appostato nel buio, in attesa di una sua mossa falsa - un accordo e una promessa. Lei non era una volpe molto furba. Non ha avuto nessuno, purtroppo, che le insegnato che non si fanno patti con le pantere - un sentiero lastricato di sabbia e strane intenzioni. Il freddo cipiglio sul muso del felino le faceva arruffare il pelo.
Quando si risveglia di scatto in un letto a lei ormai noto, con qualcuno al fianco - il respiro tranquillo e regolare di chi ha un sonno chimico e non naturale -, si stupisce di non sentire sotto le dita la terra umida, i petali sgualciti dei papaveri, le foglie secche e gli aghi di pino del sottobosco. Ci mette giusto un istante a mettere a fuoco il soffitto candido della camera, nel buio solo di poco rischiarato dallo skyline notturno della capitale di Horyzon allineata fuori dalla finestra.
Silenzio. Respira.
Si accoccola contro la schiena di colui che ancora dorme e chiude di nuovo gli occhi.
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